Post invasione: dopo il ’59, con l’occupazione cinese del tibet e l’enorme genocidio del popolo Tibetano (1,2 milioni di morti), circa 100mila rifugiati seguirono il Dalai Lama in esilio. Tra questi c’erano migliaia di bambini bisognosi e orfani, vittime della guerra, dell’odio e della devastazione psicologica derivante dalla perdita delle loro famiglie, della loro terra, del loro paese. Il Dalai Lama, la comunità tibetana di rifugiati e il parlamento tibetano vengono in esilio a Dharmsala, Himachal Pradesh, India, proprio dove siamo noi in questi giorni.

Fuga dalla madre Terra: che vuol dire per voi la parola “RIFUGIATO”? Per me, prima di ascoltare questa storia era una parola come tante. Oggi vuol dire migliaia di persone che scappano dal Tibet provando ad eludere i controlli dell’esercito Cinese.Intraprendere una camminata di circa 2 mesi che da Lhasa, attraversando il Nangpa-La (un passo a quasi 6000mt di altitudine), li porta ad arrivare ai confini Nepalesi. Nascondersi di giorno e camminare di notte per non essere visti. Morire durante il percorso per il freddo o arrivare a destinazione vivi ma perdere gli arti causa congelamento. Morire durante il percorso sparati come cani perché scoperti dai cinesi. Rifugiato vuol dire riuscire ad arrivare al confine nepalese ed essere imprigionato o rispedito in Tibet se non hai 2000$ per comprarti l’ingresso. Rifugiato è una bambina che si separa dalla propria famiglia e attraversa il “passo della morte” da sola con i pochi risparmi di una vita perchè almeno lei possa avere un futuro migliore, un’educazione tibetana e non cinese, poter vivere liberamente la sua identità Tibetana. Rifugiato è una parola attuale, mentre scrivo dei tibetani stanno sfidando il gelo e i mitra dell’esercito cinese tra le montagne dell’himalaya per provare a vivere di nuovo come Tibetani.