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Il trekking in alta montagna: tra le vette dell’Himalaya

Himalaya trekking

Himalaya

Trekking in alta montagna, tra le vette dell’Himalaya

“IL” trekking di alta montagna. “IL” viaggio nel viaggio. “IL” miracolo della creazione.

Siamo in Nepal, Kathmandu (altitudine: 1200mt) alle pendici dell’Himalaya: 2500Km di catena montuosa che si estende da nord-ovest a nord-est attraversando Pakistan, India, Tibet, Cina, Nepal, Bhutan.
Quelli che vogliono partire per le 3 settimane di Trekking al campo base dell’Everest (5400mt) è da qui che partono. Thamel è il quartiere di Kathmandu “turistico” pieno di agenzie tour operator (con cui prenotare i numerosi trekking), ristorantini (che ovviamente i locali non si possono permettere), negozi specializzati in equipaggiamento da trekking, piccoli supermercati e negozi di stoffe, vestiti locali e meravigliosi strumenti musicali. Da qui partono diversi trekking ma i piu’ belli sono l’ Annapurna circuit (20 giorni circa con un passo a 5400mt ammirando i 4 giganti Annapurna) e l’Everest Base Camp con possibile estensione alla Gokyo Valley.

Come si organizza il trekking: opzione a) ci si può affidare ad un’agenzia locale che ti offrirà una guida esperta e un porter (una persona che porterà il tuo zaino) per l’intera durata del percorso. Il pacchetto costa circa 50$ al giorno (20 per il portatore e 30 per la guida). ATTENZIONE che le agenzie diano 1/3 di quello che pagate alle suddette persone. L’alternativa è far girare la voce secondo cui cercate una guida o un portatore o entrambi, in questo modo paghereste meno; esiste realmente la possibilità di contattarli senza l’intermediazione dell’agenzia ma non essendo persone “garantite” dal nome dell’agenzia, esiste il rischio che durante il percorso vi chiedano piu’ soldi o che addirittura vi mollino senza motivo. Se siete stufi di questi sistemi fate come me, opzione b) andate da soli.

 

Non sono matto ma ci eravamo ben informati. I sentieri sono ben marcati e non si è mai da soli. Se ad un certo punto sarete indecisi sulla strada da prendere, fermatevi, e dopo 10min o anche meno, arriverà qualcuno (un monaco tibetano, uno sherpa, un trekker come voi a cui potrete chiedere indicazione). Viaggiate leggeri, uno zaino che non pesi oltre 10kg (tutto compreso); intendo un buon sacco a pelo (dormirete sotto un tetto ma il riscaldamento non esiste nei rifugi), macchina fotografica, 2 bottiglie d’acqua sempre piene, una scorta di snack al cioccolato che vi sarete portati da Kathmandu (lungo il percorso acqua e cioccolato costano rispettivamente fino a 20 e 5 volte in piu’ di Kathmandu, portate pastiglie che rendono potabile l’acqua dei ruscelli).

I posti in cui mangiare e dormire non sono un problema; ogni 2/3 ore di camminno ci sono piccoli villaggi abitati da pochi locali che per venire incontro alle esigenze dei viaggiatori si sono organizzati con rifugi e tavole calde. Per dormire si paga 1$ circa a notte, il loro business è il cibo che sebbene piu’ caro che a Kathmandu vi costerà circa 7-10$ a pasto.

 

Siete pronti a partire? Dall’areoporto di Kathmandu si prende un piccolo volo 10 posti che dopo 1h atterra a Lukla (2800mt), da qui inizia la camminata di avvicinamento alla Kumbu Valley. Ci sono un paio di regole auree per permettere al corpo di abituarsi all’altitudine: salire non piu’ di 400mt al giorno e ogni 1000mt di altitudine guadagnata fermarsi sul posto 2 notti. E’ cosi’ che si passa attraverso monasteri tibetani arroccati sotto costoni di montagne, carovane di Yak (è il principale mezzo di comunicazione per trasporto di cibo e attrezzature), Om Mani Padme Hum (il mantra che tutti gli sherpa, specie gli anziani, non mancano mai di recitare camminando tra i sentieri di montagna), Stupa e vegetazioni lussureggianti (i fiori di Rododendro sbocciano verso Aprile tra i 3000/3500 mt). I 4000mt segnano la “tree line”, la linea della vegetazione al di sopra della quale non esistono piu’ le condizioni per la vita degli alberi. Da qui in poi il paesaggio diventa lunare, siamo circondati da picchi innevati di circa 7000mt e manca ancora qualche giorno all’Everest base camp.

L’ultimo presidio abitato in cui mangiare e dormire è GorakShep (5140mt). Da qui in poi, una camminata di 3 ore circa e siamo all’Everest Base camp (5340mt). E’ un villaggio di tende gialle situato sul ghiacciaio Kumbu. Siamo alle pendici dell’Everest e quella che ci guarda è la South Face (la North Face è in Tibet, l’Everest è il confine naturale tra Nepal e Tibet). Il Campo base è vissuto da tutti quelli che possono permettersi l’azzardo (a volte fatale) di pagare 80mila$ (20mila se li prende il governo Nepalese) e farsi portare da guide sherpa esperte sul tetto del mondo. Avete capito proprio bene, affidarsi ad una spedizione organizzata per arrivare sulla vetta (8850mt) costa 80mila$ circa. Le probabilità di morire durante la salita o la discesa sono abbastanza alte e comunque non è detto che una guida esperta vi garantisca la sopravvivenza. Chi comanda è la montagna che ogni anno si prende vite umane (se volete un esempio di una storia documentata veramente accaduta leggete “Aria sottile”). Occorrono circa 40 giorni da quando si raggiunge il campo base spesi in allenamento e acclimatamento per poter essere pronti alla vetta. Quando arriva il giorno, si parte dal campo base e in 4 giorni si raggiunge la vetta, ci si sta per pochi secondi e in 1 giorno si riscende. Tra Campo base e vetta ci sono 4 campi intermedi. Ogni anno sono circa 1500/2000 quelli che azzardono una simile cosa. Faccio un giro tra le tende e me ne torno, per la prima volta affaticato, a Gorak Shep (a 5000mt l’ossigeno nell’aria si riduce al 50% e fare pochi passi in altitudine diventa faticoso). L’indomani mattina, sveglia alle 4 per salire sul monte KalaPattar (5550mt), climax del trekking. Si tratta del miglior punto in assoluto da cui contemplare il massiccio dell’Everest (senza necessariamente scalarlo). Resto 3ore in contemplazione, mentre il sole sorge dietro la vetta piu’ alta del mondo.

Si provano delle sensazioni incredibili e difficilmente descrivibili.

Essere parte del creato, essere la creazione stessa. Respirare nel vento il profumo di ginepro e l’odore di nevi vicine ma che arrivano da molto lontano. Meravigliarsi ancora dell’immensita’ di certi spazi, su cui poggiare gli occhi e mettere da parte la mente (che in realta’ vacillando si fa essa stessa da parte). Infine, unirsi con la sorgente e abbeverare l’anima di energie antiche che mi ubicano in certi posti e non in altri. Libero, tengo vivo il contatto con lo spirito maestro.

È stato un viaggio nel viaggio, indimenticabile. Ma d’altra parte “ogni mondo ha dentro un mondo che ha dentro un mondo…” (come dice il Jova). Immersione e liberta’ assoluta. Un uomo, il suo zaino, un bastone, in giro per le valli incantate dell’Himalaya. La senzazione di “into the wild” non e’ mai stata cosi’ forte. La liberta’ di cambiare piani un giorno per l’altro, la necessita’ di farlo in funzione del proprio stato fisico o di incontri che ti prospettano cose a cui non avevi pensato. L’ascolto dei segni.
A piu’ di 5mila mt di altitudine, circondato da Everest, Pumori e Nuptze mi chiedevo “perche’ questi posti sono cosi’ magnetici, sono cosi’ carichi di energia? La risposta che mi sono dato: “Qui sei alla sorgente, sei al termine primo, allo zero. Non c’e’ nulla di piu’ puro. Da qui sorge la vita, e infatti i ghiacciai permettono all’acqua di creare vita scendendo a valle. L’acqua e’ vita. Davanti a me si sta svolgendo la creazione. La sorgente crea in quanto matrice zero. A sua volta e’ creata da un altra matrice zero, l’energia cosmica dell’universo. Credo sia questo a spingere tanti a scalare simili vette. Loro non lo sanno, ma inconsciamente sono attratti dalla possibilita’ di essere per pochi istanti parte della creazione, della vita”.

Pierluigi e Melissa

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